Ansia sociale: la gentilezza aiuta a superarla

Ansia sociale

Ansia sociale: cos’è

Probabilmente ti starai chiedendo il significato del titolo di questo post. Cosa c’entra il disturbo da ansia sociale (detto anche fobia sociale) con la gentilezza? Chiariamo subito che non si vuole assolutamente intendere che chi soffre di questo disturbo non sia gentile.

In questo articolo parlerò dei risultati di un recente studio pubblicato su Motivation and Emotion, in base al quale compiere atti di gentilezza sembra essere un’ottima strategia per vincere i problemi relazionali tipici di chi soffre di fobia sociale.

Prima di entrare nel merito voglio però specificare cosa si intende in psicologia per disturbo d’ansia sociale.

Il DSM 5 lo definisce come una condizione nella quale il soggetto prova intensa paura o ansia relative a una o più situazioni sociali. Si tratta, nello specifico, di situazioni che potrebbero esporre il soggetto al possibile giudizio da parte degli altri e che provocano nella persona un’ansia eccessiva, non proporzionata alla reale entità del pericolo. Questa reazione così estrema alle situazioni sociali genera inevitabilmente l’evitamento delle stesse, oppure la persona le affronta con notevole disagio. Tutto ciò interferisce quindi negativamente con la vita del soggetto, causando problematiche lavorative o comunque limitazioni in aree importanti della sua vita.

Non confondiamolo con la timidezza

Molto spesso si confonde il disturbo d’ansia sociale con la timidezza. Si tratta, però, di due concetti differenti.

La timidezza è un tratto della personalità che può causare qualche problema ma che presenta anche i suoi punti di forza. La qualità della vita di una persona timida non è eccessivamente danneggiata dalla sua timidezza.

Una persona con ansia sociale, invece, soffre di questa condizione sia per il disagio che deve sopportare tutte le volte in cui deve affrontare una situazione sociale, sia per le conseguenze che questo disturbo determina nella sua vita. È stato ad esempio osservato che chi ne soffre tende ad avere minori successi scolastici e lavorativi, minor numero di amici e relazioni sociali poco soddisfacenti.

Tutto ciò a causa dei meccanismi di evitamento delle situazioni sociali. Non a caso in psicoterapia (soprattutto in psicoterapia cognitivo-comportamentale) uno dei target di intervento sono proprio i comportamenti di evitamento della persona.

Vediamo meglio di cosa si tratta.

L’evitamento nutre la paura

In generale, evitare una situazione che ci provoca emozioni negative è il modo migliore per privarsi della capacità di affrontarla. Questo perché tenderemo implicitamente ad associare il nostro stare meglio al fatto di non esserci scontrati con la situazione che ci fa paura.

Ok, detto così è poco comprensibile. Sarà più chiaro dopo questo esempio preso dall’equitazione.
equitazioneNormalmente, chi sta imparando ad andare a cavallo sa che c’è una possibilità di cadere, soprattutto agli inizi, magari quando si imparano i primi galoppi. L’allievo lo sa, ma decide di salire ugualmente sul cavallo perché le soddisfazioni che riceve da questa esperienza superano di gran lunga i rischi di una caduta.

Immaginiamo che un giorno l’allievo cada da cavallo. Nulla di grave, una caduta “soft”, ma che comunque gli provoca un certo spavento. Gli istruttori di equitazione sanno bene che in questi casi devono tranquillizzare e spingere l’allievo a risalire subito (a meno che ovviamente non si tratti di una caduta più seria).

Senza volerlo, l’istruttore cerca di interrompere sul nascere eventuali meccanismi di evitamento. Se l’allievo decidesse di non risalire sul cavallo, infatti, correrebbe il rischio di associare il suo sentirsi emotivamente meglio (la paura provata pian piano svanirà) proprio al fatto di non essere risalito subito. In altre parole, il cavallo è diventato una fonte di paura, e la prossima volta l’allievo potrebbe avere difficoltà a salirci con naturalezza. E questo è normale, perché siamo programmati per difenderci dalla minaccia.

Nelle fobie, e quindi anche nella fobia sociale, avviene più o meno la stessa cosa. Le situazioni sociali vengono evitate, la persona sta meglio in quanto non prova ansia e, implicitamente, qualcosa nel suo cervello associa il suo stare meglio al fatto che la situazione non è stata affrontata. Il risultato è che la situazione sociale diventerà una minaccia sempre maggiore, e questo innescherà dei circoli viziosi che alimenteranno il problema.

Affrontare gli evitamenti dell’ansia sociale

Una delle tecniche psicoterapeutiche maggiormente efficaci per affrontare gli evitamenti dell’ansia sociale è l’esposizione. Creando una gerarchia di stimoli, dal meno pericoloso al più minaccioso, il paziente viene spinto a sperimentare gradualmente l’esporsi a questi contesti.

La ricerca della quale ti parlavo a inizio articolo, condotta da Jennifer Trew e Lynn Alden dell’Università della Columbia, ha studiato un’altra strategia: prescrivere a chi soffre di ansia sociale di compiere una serie di azioni gentili verso gli altri, al fine di superare la loro inibizione sociale.

Perché la gentilezza?


gentilezza
Una delle ragioni per le quali chi soffre di ansia sociale evita determinate situazioni relazionali è perché si aspetta esiti negativi (figuracce, rifiuti, critiche, giudizi…). Le azioni di gentilezza si caratterizzano per offrire un beneficio agli altri, piuttosto che a se stessi. Proprio per questa ragione, esse aumentano la probabilità di sperimentare interazioni positive con gli altri, falsificando quindi le aspettative negative.

I ricercatori hanno reclutato 146 studenti universitari i quali risultavano avere un disturbo da ansia sociale sulla base di un test. Questi 146 soggetti venivano assegnati a tre condizioni sperimentali, nelle quali essi dovevano per quattro settimane:

  • Compiere atti di gentilezza: ai partecipanti veniva chiesto di compiere tre atti di gentilezza al giorno per due giorni alla settimana. Esempi di atti di gentilezza potevano essere tagliare il prato del vicino, fare una donazione di beneficenza o offrirsi di lavare i piatti per il proprio compagno di stanza;
  • Esporsi alle situazioni sociali: come detto prima, si tratta di una tecnica comportamentale validata ed efficace. Ai partecipanti veniva chiesto di iniziare ad affrontare le situazioni temute, dalla più facile alla più difficile, anche questo tre volte al giorno per due giorni alla settimana;
  • Segnare gli avvenimenti giornalieri: si tratta di una situazione neutra, che rispetto alle precedenti non dovrebbe favorire alcun miglioramento riguardo ai sintomi dell’ansia sociale. Ai partecipanti veniva chiesto di segnare su un diario tre eventi al giorni per due giorni alla settimana.

I risultati indicavano che compiere atti di gentilezza portava a una maggiore riduzione dei comportamenti di evitamento rispetto alle altre due condizioni.

In particolare, rispetto all’esposizione, la gentilezza determinava effetti più rapidi. Ciò a causa della natura stessa di questo compito, che permetteva ai soggetti di attendersi relazioni sociali positive e (allo stesso tempo) di affrontare la propria ansia sociale con minore paura.

Al contrario nell’esposizione i partecipanti (soprattutto all’inizio) avevano maggiori aspettative negative di rifiuto o fallimento, e questo interferiva con il processo di cambiamento. Inoltre i miglioramenti generati dal percorso di esposizione, sebbene presenti, non raggiungevano comunque i benefici derivanti dal compiere atti di gentilezza.

Mai come in questa occasione, quindi, è il caso di dire “aiutare gli altri per aiutare se stessi”.

Chi sono

dott. Andrea Epifani - Psicologo Bologna

Sono psicologo, psicoterapeuta cognitivo-comportamentale e dottore di ricerca.

Oltre a lavorare nel mio studio privato a Bologna, sono professore universitario a contratto di "Psicologia clinica" presso l'Università degli Studi di Urbino "Carlo Bo".

Le mie aree di intervento riguardano principalmente i vari disturbi d'ansia (attacchi di panico, disturbi ossessivo-compulsivi, fobia sociale...), i disturbi dell'umore e le problematiche relazionali.

Per appuntamenti o informazioni:
Studio: Bologna, Via Umberto Giordano 11.
Tel.: 389-0443350
Mail: andreaepifani@gmail.com
Sito: http://BolognaPsicologo.net

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