Cosa sono le distorsioni cognitive e come provare a gestirle
Noi esseri umani abbiamo una caratteristica psicologica comune, ovvero quella di ingannarci tramite modalità di pensiero che tendono a confermare l’idea che abbiamo di noi, del mondo e degli altri. Gli autoinganni talvolta risultano funzionali per i nostro benessere, aiutandoci a superare piccoli momenti di crisi. In alcuni casi, però, essi risultano i fattori di scompenso e di mantenimento di problemi psicologici e forme di disagio. Queste modalità di pensiero disfunzionali sono chiamate distorsioni cognitive, intendendo con questo termine quei processi psicologici viziati che ci portano a interpretare in maniera disadattiva gli eventi che ci accadono.
Sono state identificate varie tipologie di distorsione cognitiva. Proviamo a vederne qualcuna tra le più comuni.
Pensiero dicotomico
È definito anche modalità del tutto o nulla, e si riferisce a quelle modalità di pensiero che tendono a categorizzare le cose attraverso due categorie, delle quali una totalmente positiva e l’altra totalmente negativa. Esempio: “Se passerò l’esame sarò stato uno studente brillante, altrimenti avrò fallito”.
Ragionamento emotivo
Credere che i nostri stati emotivi riflettano la verità, con pensieri del tipo “se sono in ansia allora sicuramente c’è qualche pericolo” (ragionamento emotivo tipico del disturbo di panico), oppure “mi sento un idiota, quindi evidentemente lo sono”.
Astrazione selettiva
Si manifesta tutte le volte in cui estrapoliamo da una particolare situazione un singolo particolare, ignorando gli altri aspetti. Esempio: pensare ripetutamente al rimprovero ricevuto dal capo, senza considerare tutte le volte in cui sono stati fatti complimenti per il nostro lavoro.
Iper-generalizzazione
Trarre conclusioni generali da un singolo evento o situazione. Esempio: prendere un singolo colloquio di lavoro non andato bene come la prova del fatto che non si troverà mai un lavoro. La persona tende quindi a vedere un singolo evento come parte di una sconfitta globale e senza fine.
Catastrofizzazione
Considerare determinati eventi come irrimediabilmente negativi, anziché relativizzarli e considerarli da una prospettiva più realistica. Esempio: “se mi vergognerò davanti a tutti verrò considerato un debole e rifiutato dagli altri”.
Doverizzazione
Si tratta di stili di pensiero nei quali compaiono le parole “devo” o “dovrei”, caratterizzandosi quindi come regole assolute che, se non rispettate, comportano emozioni negative come il senso di colpa. Esempio: “non devo provare rabbia”, oppure “devo essere più brillante”.
Personalizzazione
Credere che i comportamenti o le frasi dette da una persona siano dei riferimenti a noi stessi, senza considerare altri elementi che aiuterebbero a interpretare la situazione in maniera più efficace e realistica. Esempio: pensare “mi ha trattato male, gli avrò fatto qualcosa”, senza chiedersi o indagare le reali motivazioni che hanno spinto la persona ad avere quel comportamento sgarbato. La personalizzazione si associa spesso al timore del giudizio negativo da parte degli altri.
Etichettamento globale
È una forma estrema di generalizzazione in cui giudichiamo noi stessi estremizzando un’unica qualità o un unico evento negativo. Esempio: dopo una delusione d’amore, pensare “sono proprio un fallimento” anziché pensare “quella volta ci sono rimasto proprio male”.
Come affrontare le nostre distorsioni cognitive?
Quando il disagio è avvertito come eccessivo e difficile da gestire, e quando le distorsioni cognitive sono particolarmente rigide e radicate, il lavoro con uno psicoterapeuta di orientamento cognitivo o cognitivo-comportamentale sarà necessario per alleviare la sofferenza psicologica. Talvolta però alcuni esercizi effettuati in autonomia permettono di alleviare l’influenza che le distorsioni cognitive hanno su di noi.
Ecco alcuni esercizi utili:
- Identifica la distorsione, scrivendo su un foglio i tuoi pensieri negativi. Questo ti aiuterà a comprendere a quale distorsione cognitiva essi afferiscono;
- Anziché prendere i tuoi pensieri negativi per veri, concediti un attimo per esaminare le evidenze a favore e contro. Se il tuo pensiero è “sono un fallimento totale”, prova a elencare le situazioni in cui non lo sei stato;
- Prova ad assumere un atteggiamento più compassionevole verso te stesso. Nel momento in cui hai identificato i tuoi pensieri negativi, prova a farti questa domanda: “tratterei in questo modo un mio amico con lo stesso problema?”. Detto in altri termini, diresti ad un tuo amico che ha perso il lavoro: “sei un fallimento totale?”. La risposta con buona probabilità è “no”, dal momento che vuoi bene al tuo amico e non gli diresti mai una cosa del genere per non farlo soffrire. La chiave è proprio qui: cerca di volerti più bene;
- Prova a pensare per scala di grigi, anziché in modo bianco o nero. Valuta le cose su una scala da 1 a 100, per cui un fallimento può diventare un parziale successo;
- Cerca di sostituire i tuoi pensieri con altri che siano meno carichi emotivamente. Anziché pensare “non devo mai più commettere certi errori”, prova a sostituire il pensiero con “sarebbe meglio se la prossima volta starò più attento”, evitando la doverizzazione.