Disturbi d’ansia: la psicoterapia cognitivo-comportamentale è efficace nel lungo termine

Terapia cognitivo-comportamentale

La psicoterapia cognitivo-comportamentale è una forma di trattamento psicologico nata negli anni ’70 in America come alternativa alla psicoanalisi (allora molto in voga).

Brevemente, nella sua versione classica essa interviene sul disagio e sui disturbi psicologici operando sul legame tra i pensieri, le emozioni e i comportamenti della persona. Sono le interconnessioni tra queste tre componenti ad alimentare e mantenere il disturbo.

Facciamo un esempio

Se sono costantemente preoccupato che mia moglie possa avere un incidente mentre rientra a casa, questi pensieri probabilmente mi procureranno una forte emozione di ansia. Probabilmente proverò a gestire l’ansia in vari modi, tra i quali chiamare mia moglie per sincerarmi che non le sia accaduto nulla.

Se mia moglie risponderà dicendomi che tra dieci minuti è a casa, il fatto di averla chiamata avrà l’effetto di ridurre la mia ansia nell’immediato.

Automaticamente, però, attribuirò il mio stare meglio al comportamento che ho messo in atto (chiamare mia moglie) per cui con buona probabilità la prossima volta ripeterò lo stesso schema, e se mia moglie per qualche motivo non mi risponderà il mio livello d’ansia continuerà a salire.

Si innescano in questo modo una serie di feedback che alimenteranno la mia ansia estendendola ad altre situazioni, col potere di farla diventare un disturbo d’ansia generalizzato. Per trattare questo disturbo, sarà quindi necessario agire sulle continue preoccupazioni e sui comportamenti che mantengono il problema, in modo da rendere meno incontrollabili e più gestibili le risposte emotive (ovvero l’ansia).

Una psicoterapia basata sulle evidenze

Da molti anni ormai, la psicoterapia cognitivo-comportamentale si è imposta come l’intervento psicologico d’elezione per il trattamento di vari disturbi psichici. Continuando con l’esempio precedente, le linee guida internazionali per il trattamento del disturbo d’ansia generalizzato consigliano questa psicoterapia per i soggetti che scelgono un intervento non farmacologico (e la stessa cosa vale per altri disturbi psichici).

Uno degli aspetti che caratterizzano questa forma di psicoterapia, infatti, è il suo essersi da subito messa alla prova attraverso sperimentazioni scientifiche. La motivazione alla base di questo atteggiamento è ovvia: poter dimostrare l’utilità di questo approccio terapeutico in maniera oggettiva, quantificabile e replicabile. Come dire: un conto è affermare “questa terapia funziona perché lo dico io e ti giuro che molte persone stanno meglio”, un altro è sostenere che “questa terapia si è dimostrata efficace per tali disturbi attraverso sperimentazioni controllate”.

Si tratta di seguire la stessa metodologia adottata nello studio dei farmaci, la quale viene tecnicamente denominata trial randomizzato controllato. In breve, consiste nel sottoporre un gruppo di pazienti al trattamento del quale si vuole testarne l’efficacia, mentre un altro gruppo di pazienti (con lo stesso disturbo) viene sottoposto a un altro trattamento, possibilmente il più efficace per quella specifica problematica. In questo modo si può verificare in maniera affidabile se il trattamento sotto esame è effettivamente migliore degli altri trattamenti a disposizione, oppure no.

Attraverso trial randomizzati controllati, la psicoterapia cognitivo-comportamentale ha dimostrato di essere efficace per vari disturbi, tra i quali i disturbi d’ansia (come il disturbo da attacchi di panico, la fobia sociale o il disturbo ossessivo-compulsivo). Tuttavia, uno dei limiti dei trial randomizzati controllati applicati alla psicoterapia risiede nel fatto che si tratta di situazioni sperimentali create ad hoc, quindi differenti dal contesto reale nel quale viene applicato il trattamento. In situazioni di questo tipo, i terapeuti sono ad esempio tenuti a seguire un rigido protocollo di trattamento, in modo da neutralizzare le fonti di disturbo.

Nelle situazioni reali e non di ricerca, invece, i terapeuti sono più “liberi”, cioè possono calibrare i propri interventi a seconda della specifica situazione portata dal paziente. Si chiama formulazione del caso, e serve per mettere a punto un quadro specifico del funzionamento di quella specifica persona che ci chiede aiuto, creando quindi un piano di trattamento personalizzato.

È per questo che in medicina, accanto agli studi di efficacy (come ad esempio i trial randomizzati controllati) esistono anche gli studi di effectiveness. In questo caso, si valuta l’utilità del trattamento non nelle condizioni ideali, ma in quelle reali. Sebbene studi di questo tipo abbiamo ugualmente dimostrato l’efficacia della psicoterapia cognitivo-comportamentale nel trattamento dei disturbi d’ansia, pochi studi hanno verificato se i miglioramenti si mantengono nel lungo termine.

Efficacia a lungo termine della terapia cognitivo-comportamentale

Una ricerca recente pubblicata sul Journal of Anxiety Disorders rappresenta un primo tentativo di colmare questa carenza. 98 pazienti con vari disturbi d’ansia (ansia sociale, disturbo di panico, disturbo ossessivo-compulsivo, disturbo post-traumatico da stress, agorafobia, ansia generalizzata) hanno ricevuto un trattamento cognitivo-comportamentale per una media di 16 sedute. Terminato il trattamento, ogni paziente veniva testato ogni anno per tre anni consecutivi, in modo da verificare se i miglioramenti raggiunti alla fine della terapia continuavano a mantenersi nel tempo.

I risultati indicavano che i miglioramenti clinici si mantenevano ampiamente nel tempo durante i tre anni successivi al termine del trattamento. Inoltre l’ampiezza dell’effetto (ovvero l’indice di QUANTO erano forti questi miglioramenti clinici) risultava alta, tra 1.11 e 1.60. Per intenderci, si tratta di valori paragonabili all’effetto dei farmaci sui disturbi d’ansia, a volte anche più alti.

In base a questi dati, possiamo quindi ritenere plausibile che i miglioramenti clinici favoriti dalla psicoterapia cognitivo-comportamentale per i disturbi d’ansia non siano limitati al breve periodo, ma si mantengano anche nei tre anni successivi. Saranno necessari ulteriori ricerche di questo tipo per consolidare questi risultati.

Chi sono

dott. Andrea Epifani - Psicologo Bologna

Sono psicologo, psicoterapeuta cognitivo-comportamentale e dottore di ricerca.

Oltre a lavorare nel mio studio privato a Bologna, sono professore universitario a contratto di "Psicologia clinica" presso l'Università degli Studi di Urbino "Carlo Bo".

Le mie aree di intervento riguardano principalmente i vari disturbi d'ansia (attacchi di panico, disturbi ossessivo-compulsivi, fobia sociale...), i disturbi dell'umore e le problematiche relazionali.

Per appuntamenti o informazioni:
Studio: Bologna, Via Umberto Giordano 11.
Tel.: 389-0443350
Mail: andreaepifani@gmail.com
Sito: http://BolognaPsicologo.net

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