Il pessimismo potrebbe non essere l’effetto, ma la causa della depressione

Pessimismo causa della depressione

Depressione e pessimismo

Oggi la ricerca pone grande attenzione allo studio delle cause della depressione. Questo perché, in base ai dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, i disturbi depressivi sono quasi un’epidemia mondiale, avendo raggiunto un picco preoccupante negli ultimi anni.

Come per ogni disturbo psichico, le cause della depressione possono essere rintracciate in vari fattori (biochimici, sociali, psicologici…). Ognuno di questi fattori dovrebbe essere approfondito in modo da arrivare a una comprensione unitaria del disturbo e, si spera, alla messa a punto di strategie di trattamento più efficaci.

I trattamenti farmacologici e psicoterapeutici hanno dimostrato la loro utilità, ma in base ai dati che abbiamo finora ognuna di queste forme di trattamento ha un tasso di efficacia che non supera il 65%. Questo significa che si tratta di metodologie terapeutiche che, sebbene rappresentino un valido aiuto, devono essere maggiormente potenziate al fine di incrementare i tassi di remissione.

Una delle caratteristiche distintive della depressione è la visione negativa del futuro. Chi soffre di depressione vive ancorato nel proprio passato, fatto di colpe, colpa e rimorsi, e vede il futuro come senza speranza e inevitabilmente negativo.

Aaron Beck, il fondatore della psicoterapia cognitiva, propose negli anni sessanta un modello della depressione poi ripetutamente validato dalla ricerca. In base a questo modello, il cuore del disturbo sarebbe da rintracciarsi nella cosiddetta triade cognitiva. Chi soffre di depressione possiede cioè una visione negativa in tre importanti aree: il sé, il mondo e il futuro.

Come si può vedere dallo schema qui sotto, la triade cognitiva è alla base dei vari sintomi depressivi, come l’umore depresso, la perdita della volontà e l’ideazione suicidaria.

triade cognitiva depressione

Immagine tratta da: Aaron T. Beck, La depressione, Bollati Boringhieri: Torino

In base a questo modello esplicativo, quindi, il pessimismo nei confronti del futuro sarebbe una delle cause della depressione. Ma è proprio così?

Pessimismo: effetto o causa della depressione?

Secondo Ann Marie Roepke e Martin Seligman il pessimismo non è semplicemente l’effetto del disturbo depressivo, ma al contrario è il fattore che determina e alimenta il disturbo.

Seligman (ovvero lo scopritore del meccanismo di impotenza appresa) e Roepke hanno recentemente pubblicato un articolo sul British Journal of Clinical Psychology nel quale, analizzando diversi dati di ricerca ad oggi disponibili, propongono un nuovo modello della depressione secondo il quale la causa di questa patologia sarebbe da rintracciarsi in una particolare modalità di proiettarsi verso il futuro.

Immaginare il futuro e cercare di anticiparlo è qualcosa che ci caratterizza come esseri umani. Si tratta di un’abilità che molto probabilmente ha delle radici evolutive, dal momento che ci ha permesso di aumentare le chance di sopravvivenza, anticipando la minaccia e i pericoli prima del loro avvento. Tuttavia in alcuni casi questa capacità diviene disfunzionale e non ha più una funziona positiva, ma è al contrario alla base di disordini emotivi, tra i quali la depressione risulta il caso paradigmatico.

Nei disturbi depressivi, quindi, si osserva una proiezione disfunzionale verso il futuro, nella quale i contenuti negativi dominano e influiscono negativamente sulla vita emotiva della persona.

Gli autori identificano tre disfunzioni del meccanismo di previsione del futuro.

1# Simulazione di possibilità future

Le persone depresse tendono a immaginare scenari futuri negativi in maniera più rapida e hanno difficoltà a visualizzare scenari positivi. La ricerca ha ad esempio dimostrato che chi soffre di depressione visualizza scenari futuri positivi in maniera meno vivida, e ciò rende questi scenari meno credibili e meno capaci di veicolare emozioni positive.

Le ragioni di questa difficoltà a proiettarsi verso un futuro positivo probabilmente derivano da un’incapacità di rievocare aspetti positivi del passato. La memoria autobiografica di chi soffre di depressione è povera di episodi positivi, e ciò rende difficoltoso aspettarseli nel futuro.

Ciò non significa che gli episodi positivi non ci siano, ma che la persona tende a non rappresentarli e rievocarli.

2# Valutazione di possibilità future

Le persone depresse tendono a sovrastimare la probabilità di attendersi un futuro negativo e generano molte ragioni per ritenere corretta questa stima della probabilità. Inoltre, in base al principio dell’impotenza appresa, si attendono anche di avere poco potere di modificare le cose, e quindi di cambiare lo scenario negativo atteso.

Si tratta di un atteggiamento pessimistico estremo e del tipo tutto-o-nulla. La persona cioè immagina semplicemente che accadranno eventi negativi e non accadranno eventi positivi.

È facile immaginare le conseguenze di questa visione. Il soggetto perderà la speranza, la voglia di vivere e la capacità di godere il presente.

3# Credenze negative riguardo al futuro

In questo caso ci riferiamo a schemi cognitivi stabili che guidano la rappresentazione del futuro. Le previsioni negative delle persone depresse sono generate in maniera molto rapida e senza difficoltà, e ciò suggerisce che si tratta di rappresentazioni create in maniera piuttosto automatica e inconsapevole.

Gli autori propongono il concetto di stile predittivo pessimistico. Una persona che adotta questo stile di pensiero spiegherà le esperienze negative attribuendole a cause personali, pervasive e permanenti. Le cose negative accadono cioè a causa di un proprio difetto, che pervade tutta la vita della persona ed è vissuto come qualcosa che sarà sempre così.

Un esempio renderà più chiaro questo aspetto. Quello che segue è uno stile di pensiero che tipicamente una persona depressa può strutturare:

“non ho un lavoro perché sono fondamentalmente un incapace, lo sono stato fin da bambino. È la mia natura, non posso farci niente”

Notiamo subito la pervasività: la persona si sente un incapace in generale, ovvero non relativizza al contesto lavorativo. Inoltre tende a leggersi la sua storia personale come segnata indelebilmente dalla sua incapacità, per cui non riesce minimamente a proiettarsi verso un futuro nel quale le cose potrebbero andare diversamente.

Un circolo vizioso

Questi tre aspetti legati alla capacità di proiettarsi verso il futuro, secondo gli autori sono alla base della depressione ed entrano a far parte di un circolo vizioso. La proiezione disfunzionale verso il futuro produce cioè i sintomi depressivi i quali, a loro volta, mantengono questa incapacità a visualizzare aspettative più positive del domani. Questo per almeno tre ragioni.

  1. una caratteristica frequente nella depressione è il ritiro dalle relazioni sociali e la riduzione generale delle attività. Ciò riduce sensibilmente la probabilità di vivere esperienze positive e quindi la persona avrà meno materiale per formarsi aspettative migliori;
  2. la depressione porta spesso la persona ad agire in maniera tale da aumentare il conflitto interpersonale e le esperienze stressanti. Questa tendenza nutrirà ulteriormente il pessimismo;
  3. è noto che l’umore depresso ci porta a rievocare con più facilità memorie negative e a immaginare scenari negativi nel futuro

Questo modello esplicativo della depressione è riassunto in questa immagine, la quale illustra anche il circolo vizioso tra i vari aspetti che abbiamo considerato.

Depressione e proiezione verso il futuro

(Clicca sull’immagine per vederla ingrandita)

A questo punto, un’ovvia domanda potrebbe essere: perché il soggetto depresso ha questo stile pessimistico verso il futuro?

Nell’esperienza clinica è comune constatare nelle persone che soffrono di depressione una particolare sensibilità alla perdita. Litigare con un amico o con il partner, oppure terminare una relazione, attiva nella persona uno speciale sentimento di non amabilità e di difettosità personale che spesso è la radice dei vissuti depressivi e di emozioni come la colpa, la rabbia e la disperazione.

L’incapacità di proiettarsi verso un futuro positivo e il radicamento verso le aspettative negative hanno ovviamente a che fare con la storia personale del soggetto, che probabilmente ha strutturato durante lo sviluppo degli schemi relativi a se stesso e agli altri che lo spingono ad attendersi il peggio. Oggi sappiamo che la realtà è anche soggettiva. La nostra percezione del mondo è cioè determinata dai nostri schemi e dalle nostre esperienze passate, schemi ed esperienze che ci porteranno a privilegiare alcuni aspetti anziché altri.

L’incapacità della persona depressa di visualizzare un futuro positivo ha quindi a che fare col suo personale modo di dare significato alla realtà, che egli ha acquisito nel corso della sua vita sulla base delle esperienze personali.

Probabilmente focalizzare il lavoro terapeutico su questi aspetti di funzionamento potrà migliorare il lavoro terapeutico con chi soffre di depressione, aumentando i tassi di remissione e l’efficacia del trattamento.

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Chi sono

dott. Andrea Epifani - Psicologo Bologna

Sono psicologo, psicoterapeuta cognitivo-comportamentale e dottore di ricerca.

Oltre a lavorare nel mio studio privato a Bologna, sono professore universitario a contratto di "Psicologia clinica" presso l'Università degli Studi di Urbino "Carlo Bo".

Le mie aree di intervento riguardano principalmente i vari disturbi d'ansia (attacchi di panico, disturbi ossessivo-compulsivi, fobia sociale...), i disturbi dell'umore e le problematiche relazionali.

Per appuntamenti o informazioni:
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Tel.: 389-0443350
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