Tetris e ricordi traumatici: un collegamento che non ti aspetti

tetris e ricordi traumatici

Tetris e ricordi traumatici. A prima vista può sembrare un accostamento quantomeno bizzarro. Ma non è così.

In base a un recente studio pubblicato su Psychological Science, infatti, la frequenza delle memorie intrusive legate a episodi traumatici può essere ridotta con l’aiuto di un videogame… e nello studio è stato utilizzato il famosissimo Tetris.

Ecco svelato l’arcano di questo strano accostamento, ma ovviamente occorrerà approfondire le motivazioni dello studio e il perché un videogioco come il Tetris può ridurre l’intrusività dei ricordi traumatici.

I ricordi traumatici intrusivi, ovvero i flashback relativi all’episodio traumatico, sono uno dei principali sintomi del disturbo da stress post-traumatico, sebbene si tratti di un fenomeno che può avvenire anche in situazioni che non si configurano come un vero e proprio disturbo. Ovviamente si tratta di sintomi spiacevoli e che, in determinate condizioni, possono generare notevole disagio.

Il motivo di questo fenomeno risiede nel funzionamento normale della nostra memoria che, in questi casi, mostra il rovescio della medaglia facendo riemergere ricordi dolorosi senza la nostra volontà.

In base a una teoria sul funzionamento della memoria, una volta che un episodio che abbiamo vissuto viene immagazzinato esso viene sottoposto a un processo chiamato riconsolidamento. Si chiama infatti “teoria del riconsolidamento”. L’informazione viene cioè recuperata dalla memoria a lungo termine e riattivata. Ciò porta a un maggior consolidamento del ricordo, ovvero a un suo rafforzamento e mantenimento in memoria, così che il recupero dell’informazione sarà in futuro più immediato e accurato.

È proprio grazie al riconsolidamento se riusciamo a ricordare accuratamente episodi e informazioni del passato. Tuttavia, nel caso dei ricordi traumatici, questo processo non è funzionale al nostro benessere, anzi aumenta il disagio legato al trauma.

TetrisGli autori dello studio hanno ipotizzato che giocare a Tetris (quindi eseguire un compito visuo-spaziale che occupa la memoria di lavoro) subito dopo la riattivazione di un episodio traumatico avrebbe interferito con  questo processo di riconsolidamento della memoria traumatica, riducendo quindi la frequenza dell’intrusività del ricordo.

Per testare questa ipotesi, i ricercatori hanno condotto due esperimenti nei quali i partecipanti osservavano un film, della durata di 12 minuti, contenente scene dal contenuto traumatico. Ad esempio una tipica scena consisteva nel mostrare una donna investita da un ubriaco alla guida, senza risparmiare dettagli legati al sangue sul corpo della donna. Questo filmato serviva a indurre nei partecipanti delle memorie intrusive relative alla scena traumatica, ed è una metodologia tipica in questo genere di studi.

24 ore dopo la visione del film, i partecipanti tornavano in laboratorio e venivano suddivisi in due gruppi. Il primo gruppo riattivava le proprie memorie guardando alcuni fotogrammi del film, successivamente ascoltava della musica classica e, infine, giocava a Tetris per 12 minuti. Il secondo gruppo ascoltava soltanto la musica classica e successivamente riposava per 12 minuti.

I risultati dimostravano che il gruppo che giocava a Tetris dopo la riattivazione delle memorie traumatiche riportava, nella settimana successiva, una frequenza significativamente minore di ricordi intrusivi relativi al film, rispetto al gruppo che non aveva svolto questa attività.

Nel secondo esperimento si è invece osservato che era la combinazione di riattivazione del ricordo più gioco del Tetris a rendere efficace questa metodologia. Il semplice ricordo del film, oppure giocare a Tetris senza prima riattivare la traccia memoria, non produceva alcun effetto.

Dal punto di vista del processo di memoria, quello che probabilmente avveniva era che riattivare un episodio già consolidato in memoria e successivamente giocare a Tetris, ovvero svolgere un’attività che occupava l’attenzione e la memoria di lavoro, distruggeva il processo di riconsolidamento della traccia di memoria. La traccia di memoria veniva cioè riattivata ma non riconsolidata, interromopendo quindi il meccanismo alla base dell’intrusività del ricordo. In altre parole, l’alterazione del processo di riconsolidamento, favorito dal Tetris, faceva sì che il ricordo perdesse la sua capacità di intrudere inaspettatamente.

Ovviamente non è il Tetris in sé ad essere efficace. Qualsiasi attività distraente in grado di occupare la memoria di lavoro, e quindi stoppare il processo di riconsolidamento sarebbe efficace.

L’importanza di studi di questo tipo risiede principalmente nella messa a punto di più efficaci strategie di intervento per i disturbi post-traumatici.

emdrUna delle metodologia più utilizzate per questo genere di disturbi è l’EMDR, ovvero la desensibilizzazione al trauma tramite i movimenti oculari. Brevemente, il fulcro della tecnica terapeutica consiste nel rievocare i ricordi dolorosi dell’evento traumatico e, contemporaneamente, effettuare diverse serie di movimenti oculari seguendo il dito del terapeuta. Si è visto che i movimenti oculari facilitano nuove associazioni tra le memorie immagazzinate, rendendo il ricordo traumatico meno doloroso per la persona.

Non è ancora totalmente chiaro il motivo per cui questa strategia terapeutica risulti efficace. Una delle spiegazioni alla base dell’EMDR chiama in causa una maggiore comunicazione tra i due emisferi, favorita dai movimenti oculari a destra e a sinistra. Probabilmente, però, si tratta della spiegazione meno plausibile.

Alla luce dei risultati di questo studio (e di altri dati disponibili), possiamo infatti ipotizzare che i movimenti oculari rappresentino un compito che occupa la memoria di lavoro (esatamente come il Tetris), impedendo il riconsolidamento del ricordo e facendo sì che esso perda di vividezza.

In ogni caso, sia l’EMDR che lo studio appena esposto ci suggeriscono che, sebbene chi è stato vittima di episodi traumatici abbia la naturale tendenza a voler dimenticare l’episodio, la strategia più utile è invece quella di rievocarlo, sebbene sotto certe condizioni in grado di indebolirlo e renderlo più “innocuo”.

Chi sono

dott. Andrea Epifani - Psicologo Bologna

Sono psicologo, psicoterapeuta cognitivo-comportamentale e dottore di ricerca.

Oltre a lavorare nel mio studio privato a Bologna, sono professore universitario a contratto di "Psicologia clinica" presso l'Università degli Studi di Urbino "Carlo Bo".

Le mie aree di intervento riguardano principalmente i vari disturbi d'ansia (attacchi di panico, disturbi ossessivo-compulsivi, fobia sociale...), i disturbi dell'umore e le problematiche relazionali.

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