Condividere le proprie emozioni: uno studio rivela un risultato inaspettato

Amico triste

Tutte le volte che proviamo un’emozione, si attiva un naturale impulso secondario che tenta di regolarla. La regolazione emotiva è fondamentale. Difatti una radice comune a molte forme di disagio psicologico risiede nell’incapacità o nella difficoltà a gestire determinate emozioni che risultano così troppo pervasive per la persona.

La regolazione delle emozioni può attuarsi tramite varie modalità, ma una delle strategia prevalenti risulta essere la condivisione delle emozioni con gli altri. Specialmente per quanto riguarda le emozioni negative (rabbia, tristezza, colpa, vergogna…), condividerle con gli altri è ritenuto da molti un atto catartico, capace di attivare effetti positivi e liberatori. “Parlane con qualcuno”, “non tenerti tutto dentro”, “sfogati”, sono consigli che almeno una volta nella vita abbiamo ricevuto. Questa credenza è tipica non solo della psicologia del senso comune, ma anche della psicologia scientifica.

Ma è sempre vero che condividere con gli altri i nostri stati emotivi negativi porti effetti benefici? E questa cosa vale per tutte le emozioni negative allo stesso modo? A queste domande ha tentato di rispondere un recente studio di ricercatori belgi pubblicato sulla rivista Emotion. A 248 studenti universitari è stato chiesto di tenere nota, per una settimana, dei loro più intensi episodi di rabbia e tristezza, indicandone l’intensità nel tempo. Inoltre i soggetti dovevano indicare se e quando avevano condiviso con gli altri queste loro emozioni.

Lo studio ha analizzato tre fondamentali componenti delle emozioni:

  • il sentimento soggettivo, ovvero il modo in cui la persona sperimenta l’emozione a livello immediato. Se provate a pensare a tre episodi di rabbia, quasi sicuramente noterete che nelle tre occasioni il modo in cui eravate arrabbiati (ovvero il sentimento soggettivo associato alla rabbia) era differente;
  • l’appraisal, ovvero la valutazione dell’evento che ha scatenato l’emozione. In particolare, l’appraisal valuta quanto l’evento scatenante sia rilevante per i propri scopi personali, congruente (o incongruente) con il raggiungimento di tali scopi, e chi o cosa sia responsabile di tale evento. Se ad esempio l’evento è una critica ricevuta da un conoscente, la reazione emotiva sarà differente a seconda di quanto quell’evento interferirà con i miei scopi, e quindi con il mio benessere. Posso avere paura che lui possa parlare male di me ad una persona che stimo, e allora la mia reazione emotiva sarà probabilmente di una certa intensità. Oppure posso ritenere che sia una critica per me non dannosa e poco rilevante, e in questo caso avrò una reazione sicuramente meno intensa e disturbante;
  • tendenza all’azione, ovvero la motivazione a compiere comportamenti evidenti e rivolti all’esterno.

I risultati dello studio indicavano che, per quanto riguarda la rabbia, la sua condivisione con gli altri provocava un immediato abbassamento del sentimento soggettivo legato a questa emozione, quindi una minore attivazione e una maggiore regolazione. Inoltre erano presenti effetti successivi alla condivisione emotiva. Ad esempio i soggetti che condividevano la rabbia avevano anche una maggiore percezione di capacità personale riguardo alle aspettative future. Condividere la rabbia risultava quindi una strategia utile sia nell’immediato che nel periodo successivo.

Per quanto riguarda la tristezza, invece, gli effetti della condivisione erano molto più limitati. Condividere la propria tristezza non provocava nessun effetto positivo nell’immediato, anzi tendeva a far aumentare la valutazione della rilevanza dell’evento scatenante. L’unico beneficio (che compariva solo nel periodo successivo alla condivisione) era relativo a una minore sensazione di non poter fare nulla per cambiare lo stato delle cose, quindi un minor senso di impotenza. Nel complesso, quindi, la condivisione della tristezza provocava soltanto un effetto limitato.

Questi risultati devono essere letti alla luce dei differenti meccanismi alla base delle due emozioni. Un primo aspetto da notare è che gli eventi relativi alla tristezza erano generalmente considerati più importanti rispetto a quelli relativi alla rabbia. Questo aspetto è associato anche alla maggior durata della tristezza, rispetto alle altre emozioni. Per questa ragione, condividere la propria tristezza produceva un immediato aumento dell’importanza attribuita all’evento scatenante. La rabbia era invece generalmente legata a eventi che i soggetti consideravano meno importanti, per cui risultava un’emozione estemporanea che poteva trarre molto beneficio dal condividerla con gli altri.

Inoltre bisogna considerare il fatto che la condivisione della tristezza potrebbe comportare benefici che in questo studio non sono stati presi in considerazione. È lecito però avanzare l’ipotesi che la condivisione delle proprie emozioni non ha sempre lo stesso effetto, ma i benefici dipenderanno dal tipo di emozione condivisa.

Chi sono

dott. Andrea Epifani - Psicologo Bologna

Sono psicologo, psicoterapeuta cognitivo-comportamentale e dottore di ricerca.

Oltre a lavorare nel mio studio privato a Bologna, sono professore universitario a contratto di "Psicologia clinica" presso l'Università degli Studi di Urbino "Carlo Bo".

Le mie aree di intervento riguardano principalmente i vari disturbi d'ansia (attacchi di panico, disturbi ossessivo-compulsivi, fobia sociale...), i disturbi dell'umore e le problematiche relazionali.

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Tel.: 389-0443350
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